::: L'OSSERVATORE E IL SUO MANDATO :::

VISIONATURA E VALUTAZIONE:

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Ricevuto ed accettato l’incarico, è necessario predisporre con cura la trasferta in modo da giungere presso il campo di giuoco almeno di 15 minuti prima dell’inizio della gara. Sottolineare l’importanza di essere puntuali è senz’altro superfluo. Evitare assolutamente di recarsi ad assolvere la funzione di OA accompagnati da chicchessia (colleghi inclusi) e, in ogni caso, durante la visionatura isolarsi per non essere distratti da alcuno oppure essere “tentati” di commentare, sia pure in positivo, la prestazione del collega.
È, altresì, necessario assumere una posizione che consenta di controllare tutto il terreno di giuoco: solitamente il posto migliore è in tribuna lungo una linea laterale, in posizione leggermente decentrata, soprattutto in presenza di assistenti ufficiali, cosicché sia possibile seguire con particolare attenzione l’operato di uno dei due collocandosi alle sue spalle; se l’impianto sportivo non fosse dotato di tribuna, è preferibile prendere posto in posizione sopraelevata (rispetto al terreno di giuoco), se ciò è possibile; altrimenti, è opportuno che l’OA cerchi, durante la gara, di individuare la zona di maggior persistenza del giuoco e, di conseguenza, si sposti verso la stessa per controllare meglio il tutto.

Nell’ipotesi in cui l’arbitro da visionare fosse stato visto in qualche gara antecedente, non bisogna astenersi dal valutare nuovamente il collega, ma anzi sforzarsi di analizzare la prestazione senza fare riferimento al precedente e senza pregiudizi (nel senso più etimologico del termine).

La valutazione della prestazione arbitrale, infatti, deve essere sempre riferita e limitata esclusivamente alla visionatura effettuata, a prescindere dalla conoscenza personale del collega, dall’importanza della gara, dal numero di anni di permanenza in quel ruolo, dalla sua età anagrafica. Anche per tali motivi, non bisogna in alcun modo (soprattutto in sede di colloquio) cercare di “carpire” notizie personali sull’arbitro e sul suo curriculum (frequenza di “uscita” nelle designazioni, “importanza” delle gare dirette e così via).

All’inizio della gara è necessario sincronizzare il proprio orologio con quello dell’arbitro per controllare con esattezza la durata della gara, la congruità del recupero accordato, i minuti delle segnature delle reti, delle ammonizioni e di quant’altro dovrà essere riportato nella relazione. A tal fine, è opportuno appuntare il succedersi degli eventi su di un blocco notes: ciò però va fatto con la massima discrezione, cercando per quanto possibile di non essere notati.

Con l’occasione si fa presente come sia sconveniente chiedere i suddetti dati al collega durante il colloquio: si darebbe indubbiamente l’impressione di non aver seguito la gara, quantomeno, con la necessaria diligenza.

Nello stesso notes, in maniera ancora meno palese, possono essere appuntati fatti degni di nota e che l’OA ritiene possano giovare nel corso del colloquio o nel compilare il referto. (Un utile accorgimento per non alimentare negli spettatori vicini la supposizione di avere un incarico ufficiale è quello di effettuare l’annotazione in un secondo momento, un po’ distante dal verificarsi dell’episodio).

La visionatura deve avere inizio sin dai preliminari che, ancorché possano apparire di secondaria importanza, riflettono invece concentrazione, ordine, e metodo; per detto motivo sarà proficuo badare:

  • se tutti calciatori indossano l’equipaggiamento regolamentare ed i capitani portino il prescritto bracciale distintivo;

  • se l’arbitro effettua il controllo del terreno di giuoco, delle porte

  • se prima dell’inizio della gara tutti gli aventi diritto abbiano preso posto nelle apposite panchine;

  • se gli assistenti di parte (in assenza della designazione di quelli ufficiali) si siano posizionati ognuno per ciascuna linea laterale;

  • se elementi estranei alla gara sostano entro il recinto di giuoco.

Molte sono le qualità che un arbitro deve manifestare durante la direzione di una gara, da quelle atletiche e tecniche a quelle psicologiche e mentali, che però possono essere riassunte in cinque requisiti principali:

  • Dimostrare competenza tecnica;

  • Dimostrare indipendenza di valutazione;

  • Essere volti a farsi accettare (senza naturalmente divenire compiacenti !);

  • Essere sostenuti dalla forma fisica;

  • Essere volti a prevedere lo sviluppo del giuoco. 

Nel dettaglio, l’analisi e la valutazione della prestazione dell’arbitro dovranno, pertanto, basarsi su questi punti:

  • controllo della preparazione atletica: è intuibile la rilevanza che riveste l’essere “in forma” per rispondere adeguatamente alle esigenze della gara; il giudizio può avere tre elementi di riferimento: 1°) resistenza, ossia la capacità di resistere senza eccessivi affanni, con costanza, ad uno sforzo prolungato, 2°) progressione, ossia la capacità di velocizzare l’andatura nella corsa, 3°) scatto, ossia la capacità di imprimere rapidamente velocità a ritmi blandi. I primi parametri per una valutazione di massima riguardano la quantità di lavoro effettuato: l’essere costantemente in movimento, lo stare poco tempo fermo sul posto, il coprire una superficie di spostamento piuttosto ampia sono indicatori di un allenamento quantitativamente idoneo. Per ciò che concerne la qualità del lavoro effettuato, bisogna valutare se l’arbitro corre in funzione dell’azione, all’occasione si sposta con rapidità, si posiziona correttamente, non intralcia l’azione, esprime buona coordinazione negli spostamenti. Può invece fornire un “indizio” di insufficiente preparazione atletica una precoce stanchezza fisica, che solitamente si manifesta visivamente mediante sudorazione diffusa, respiro affannoso, difficoltà nel comunicare, rossore in viso, instabilità nel comportamento, nervosismo e decisioni legate all’istinto. Ciò comporta, poi, interruzioni molto lunghe, eccessiva durata degli stazionamenti, superficie di spostamento ristretta, scarsa coordinazione nei movimenti, spostamenti tatticamente inadeguati, intralci all’azione di giuoco, posizionamenti errati, bassa velocità di spostamento. Ulteriori elementi che concorrono a stilare una valutazione più compiuta scaturiscono, infine, dall’attenta osservazione di alcune situazioni di giuoco che, durante lo sviluppo della gara, risultano, per l’arbitro, sicuramente più impegnative sul piano fisico. Ciò avviene nei cambiamenti improvvisi di gioco, nei contropiedi, dopo un calcio d’angolo, su rimessa rapida del portiere, dopo un calcio di punizione con rimpallo sulla barriera, dopo azione di pressing e recupero del pallone.
  • riscontro dei metodi di spostamento (senso tattico): considerato che non vi sono più “obblighi” nello spostarsi, dovrà essere valutata la razionalità del modo di muoversi da parte del collega la cui finalità prima deve essere quella di seguire da vicino le azioni di giuoco, senza recare intralcio e cercando di avere la migliore visuale possibile; l’attenzione va poi rivolta sulle posizioni assunte in occasione delle diverse riprese di giuoco (molto importante è l’efficacia delle stesse posizioni al fine di garantire il rispetto delle Regole); in presenza di assistenti ufficiali, è importante la ricerca di posizioni e movimenti idonei a ricavare visivamente la migliore collaborazione possibile.
  • osservazione degli atteggiamenti e dei comportamenti sia nel “porgersi” ai partecipanti alla gara (inclusi dirigenti, allenatori, ecc.) sia al pubblico: sono qualità la gestualità composta e misurata, la disinvoltura, la sicurezza e la determinazione, l’incisività (importanti riferimenti si hanno nei richiami e nelle ammonizioni), la tranquillità, la signorilità; gravi difetti sono invece la supponenza, l’incertezza, la loquacità, la familiarità con i calciatori, l’attitudine a compensare possibili errori, l’irascibilità, la tolleranza (specie se eccessiva), l’influenzabilità;
  • verifica della corretta e costante applicazione delle Regole: è inderogabile che l’OA ponga la massima attenzione su questo argomento; in riferimento alle singole regole del giuoco, senza volerne sminuire alcuna, assumono maggiore rilievo la valutazione della Regola 11 – Fuori Giuoco (se l’arbitro dimostra con i suoi interventi un’ottimale conoscenza della norma ed una appropriata applicazione, con particolare riguardo alla capacità di distinguere validamente le posizioni punibili da quelle non punibili; se i suoi interventi sono tempestivi; l’efficacia della collaborazione con gli assistenti se ufficiali e la valutazione delle loro segnalazioni) e della Regola 12 – Falli e scorrettezze (se interviene in modo appropriato e tempestivamente con costante equità e fermezza sia nell’assumere le sanzioni tecniche sia quelle disciplinari; se sa adeguare la frequenza dei suoi interventi in base all’andamento agonistico della gara; se controlla la regolarità delle riprese di giuoco; se valuta da regolamento la volontarietà nei falli di mano).
  • analisi dell’intelligenza e della maturità arbitrale, intesa come grado di percezione, di intuizione dei diversi momenti della gara e del mutare degli stessi e come attitudine a adeguare di conseguenza la propria condotta; rientra in questa “voce” l’applicazione del vantaggio, potere discrezionale attribuito all’arbitro nell’interesse delle squadre e dello spettacolo, da utilizzare con perspicacia, laddove ricorrano l’evidenza e l’immediatezza del vantaggio stesso, tenuto conto, altresì, dell’andamento più, o meno, corretto della gara.

In estrema sintesi, i parametri per la valutazione dell’arbitro si possono così elencare e schematizzare

  • Tecnica di corsa

  • Rapidità

  • Resistenza

  • Capacità di anticipazione

  • Capacità di spostamento

  • Capacità di autocontrollo

  • Capacità di dialogo

  • Capacità di imporsi

  • Capacità di decidere

  • Capacità di sdrammatizzare e tranquillizzare

  • Capacità di interpretare le azioni dei calciatori

  • Conoscenza delle regole e della casistica

  • Capacità di applicare le sanzioni

  • Capacità di dirigere la gara

IL COLLOQUIO:

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È la fase più delicata – e forse anche più importante – dell’incarico di Osservatore e va pertanto preparata accuratamente.
È consigliabile prima di presentarsi all’arbitro nello spogliatoio, attendere 15-20 minuti dal termine della gara, dopo aver annunciato la propria presenza. Questo lasso di tempo (durante il quale si farà a meno di esprimere pareri e giudizi con chicchessia circa il comportamento del direttore di gara) può essere proficuamente utilizzato per un duplice aspetto:

  • consentire al collega di fare la doccia e di rilassarsi (è bene ricordare a tal proposito che l’arbitro ha appena terminato di sostenere un impegno psicofisico che può averlo affaticato);

  • Riordinare le proprie idee e stabilire mentalmente, anche sulla base degli appunti eventualmente presi durante la partita, uno schema di disamina sul quale impostare il dialogo con il collega visionato.

Il contatto iniziale dovrà sempre tendere a creare un clima di cordialità, mettendo a suo agio l’arbitro, ed a impostare e condurre il colloquio con franchezza e serenità. Sono di certo fuori luogo atteggiamenti cattedratici e solenni o, peggio ancora, l’esibizione dei propri “trascorsi arbitrali”.

È bene tenere presente che la capacità di prestare attenzione da parte del collega arbitro è di norma limitata dalla tensione accumulata durante lo svolgimento della gara e dalla fatica che si manifesta alla fine della stessa: ragione di più per essere concisi e precisi, usando frasi semplici e coerenti. Sarà consigliabile non esprimere un giudizio complessivo all’inizio del colloquio per evitare lo scadere di interesse sul resto delle osservazioni. Non guasterà invece una rapida panoramica della gara, da quali spunti è stata caratterizzata e quali episodi la hanno influenzata. Ciò può servire a facilitare l’approccio che a volte può risultare non facile.
Il riferimento a tatto e comunicativa citato all’inizio come qualità per un Osservatore trova qui la sua maggiore espressione: in particolare, ad esempio, in presenza di gravi difetti bisognerà con la dovuta cautela, ma senza indulgere, far presente all’arbitro le sue lacune, badando bene a non assumere atteggiamenti sdegnosi, o dimostrandosi addirittura scandalizzati; è da evitare insomma di scuotere la suscettibilità del visionato.
Si passerà quindi ad un’analisi della prestazione, tralasciando gli aspetti di scarsa rilevanza, per incentrare invece l’attenzione sulle problematiche più evidenti e di maggiore consistenza, dopo aver accuratamente distinto gli errori occasionali da quelli ripetuti, che costituiranno poi oggetto di rilievo. Si ritiene opportuno rimarcare che se la prestazione dell’arbitro è stata negativa (e tanto più lo è stata), oppure se il collega manifesta poca maturità arbitrale, è basilare soffermarsi esclusivamente sulle carenze maggiori sorvolando sul resto. Per converso, in presenza di una performance brillante sarà cura dell’OA, non prima di aver evidenziato l’assenza di lacune degne di nota, far notare la possibilità di un ulteriore salto di qualità curando alcuni aspetti apparentemente marginali.

In ogni caso, però, bisogna limitarsi a rilevare ciò che può davvero risultare di una qualche utilità per l’arbitro: dire (o scrivere) qualcosa quasi pro forma, oltre ad essere inconcludente, può indurre l’arbitro (e l’OT) a convincersi che non è stata prestata attenzione a sufficienza; del resto non esistendo l’arbitro perfetto, è impossibile non riscontrare e, quindi, evidenziare, sia nel colloquio sia in fase referendaria, qualcosa che possa giovare al miglioramento del collega.

Scopo preciso che l’OA deve prefiggersi è quello di riuscire a convincere l’arbitro che in quella determinata occasione avrebbe potuto evitare il “tale” errore se, anziché comportarsi in quel determinato modo avesse avuto l’accortezza “tale” o si fosse comportato in “tale altro modo”.

Chiaramente, l’opera di convincimento prima indicata sortirà un effetto soltanto qualora l’OA riuscirà con le proprie argomentazioni a chiarire la natura del difetto mostrando poi l’efficacia del rimedio: non spiegare l’origine dell’errore o non illustrare la validità della soluzione proposta è assolutamente inutile. Nessuno, eccetto uno stupido, seguirà un suggerimento senza esserne persuaso.

L’OA, infine, non dimentichi mai di riservare parte del colloquio alle positività espresse dal direttore di gara: avere riconosciuti i propri meriti può contribuire ad accrescere il desiderio di migliorarsi dai difetti ancora presenti e stimolare un impegno più intenso. Ogni tanto, qualche elogio (senza esagerare !) giova.
A grandi linee l’analisi si baserà, quindi, su tutti gli aspetti che costituiscono l’arbitraggio ed ossia:

  • preparazione atletica

  • senso tattico, spostamento e posizionamento

  • conoscenza del regolamento e relativa applicazione

  • gestione disciplinare della gara

  • immagine ed aspetto comportamentale

  • laddove siano stati ufficialmente designati, sulla collaborazione arbitro assistenti.

Per meglio avvalorare le proprie osservazioni sarà bene citare specifici riferimenti sugli episodi in discussione (senza che però diventi una sterile elencazione di minuti in cui il collega avrebbe errato i propri interventi).
Tanto più acuta sarà la disamina ed i rilievi fatti a ragion veduta, tanto più l’OA potrà essere apprezzato dall’arbitro. Che poi qualche collega cerchi di giustificare i propri errori facendo finta di non aver capito o raccontando qualche bugia, è naturale: si tratta, infatti, di “spirito di conservazione”. Bisogna essere comprensivi: molti arbitri vivono con troppa apprensione la circostanza di dover essere valutati.

Il collega arbitro deve poter esprimere il proprio parere, che potrà essere, in parte o del tutto, non in linea con quello dell’Osservatore: d’altronde, anche nell’attività arbitrale, come in altre, è proprio dal mettere a confronto diversi punti di vista che spesso si ottiene la crescita e la maturazione.

Peraltro, sia il comportamento e le reazioni sia i convincimenti con cui l’arbitro si proporrà nel confronto, rappresentano utili elementi per una più approfondita valutazione della sua conoscenza tecnica, personalità e maturità.

Per queste ultime due, si possono tratteggiare sommariamente alcune tipologie:

  • Arbitri che si mostrano emotivi e timidi – palesano imbarazzo e tendono ad accettare passivamente tutto ciò che l’OA fa notare, senza partecipare costruttivamente al dialogo; in tal modo, denotano qualità intrinseche che non depongono per giudizio di maturità totalmente favorevole;
  • Arbitri che si mostrano ossequiosi e loquaci – palesano soddisfazione all’eccesso per essere stati visionati e si prodigano in elogi per l’OA; rappresentano l’opposto dei precedenti e pure per costoro il giudizio deve essere molto cauto;
  • Arbitri che si mostrano sicuri e disinvolti – orientano subito il colloquio in maniera costruttiva, approfondendo gli argomenti e giungendo con l’OA a conclusioni pratiche; evidenziano, così, spiccata maturità;
  • Arbitri che si mostrano indifferenti e spavaldi – accolgono l’OA con distacco o sufficienza, dimostrando noncuranza e tracotanza; denotano complessi caratteriali e temperamento finanche indisponenti o provocatori.

Nella malaugurata eventualità, poi, che si verificassero forti motivi di dissenso e fossero mosse contestazioni in termini spiacevoli, l’OA non insisterà nelle proprie argomentazioni e concluderà correttamente il colloquio, avvertendo comunque il collega che riferirà all’OT sulle circostanze.

Al termine del colloquio va compilato e consegnato il modulo delle osservazioni, dei consigli e dei rilievi sulla prestazione del direttore di gara: difatti, è indubbiamente molto sconveniente presentarsi al collega con il modellino già scritto. Ciò darebbe l’idea di non tenere nella giusta considerazione l’importanza del confronto con l’arbitro, che potrebbe fornire spiegazioni esaurienti su decisioni o comportamenti assunti durante la gara e che in prima analisi erano parse inesatte o avevano lasciato delle perplessità. Così facendo, sarà quasi sempre possibile inquadrare correttamente le lacune del collega e risulterà più agevole suggerire le modalità per colmarle.
Il tutto deve essere espletato con discernimento, per migliorare le future prestazioni dell’arbitro, ricordando, come già evidenziato più volte, che tra le precipue funzioni dell’Osservatore vi è quella di istruire l’arbitro aiutandolo ad inserirsi nel complesso mondo del calcio.

LA RELAZIONE:

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  • Generalità: La compilazione della relazione rappresenta l’adempimento conclusivo al quale l’OA deve ottemperare: in questa fase del proprio mandato è basilare che abbia ben presente quanto sia avvenuto durante la gara ed i punti trattati nel colloquio, onde riferire all’OT con la massima coerenza su quanto ha assistito. In particolare, è opportuno lasciare da parte eventuali contrasti di opinione insorti, fissando invece fatti e concetti nel modo più lucido possibile, avendo cura di dettagliare sugli eventuali rilievi comunicati all’arbitro. In riferimento a ciò, pare opportuno ricordare che non deve assolutamente accadere che l’arbitro riceva dall’OT comunicazione di rilievi, appunti e manchevolezze non formulati in precedenza direttamente dall’OA: sicuramente è meglio formulare un rilievo di più all’arbitro e poi dimenticare di riferirlo all’OT, piuttosto che il contrario (nella eccezionale eventualità che, durante il colloquio con l’arbitro, l’OA dimenticasse di riferirgli un determinato rilievo, deve farne precisa menzione sulla relazione, informando della dimenticanza l’OT, che saprà regolarsi di conseguenza). Può non essere superfluo ricordare come sia essenziale la massima rispondenza tra quanto detto all’arbitro e ciò che si riporta nella relazione. Troppe volte accade che l’arbitro si senta dire dall’OA che tutto è andato bene, che ha commesso qualche irrilevante errore e che, magari con un po’ più di attenzione, può fare “carriera”, salvo poi apprendere dall’OT che il giudizio era tutt’altro. Ciò non deve mai accadere per nessun motivo. Tra le innumerevoli doti che deve possedere un Osservatore il coraggio di dire apertamente ciò che pensa è essenziale. Alimentare le aspettative di un collega per poi tradirle in fase referendaria è quanto di più vile (e dannoso) si possa fare.

  • Il modello: La prima pagina del modulo di relazione ha carattere informativo, ma va comunque compilata con la massima attenzione e precisione, visto che è l’unico elemento che consente all’OT di inquadrare il contesto della gara. La relazione si articola, poi, in una serie di domande a risposta chiusa con possibilità di fornire, nello spazio riservato alle OSSERVAZIONI, gli essenziali chiarimenti, tenendo presente che è necessario motivare sempre i NO ed i NON SEMPRE e, in casi particolarmente positivi, è altrettanto opportuno fornire delucidazioni anche sui SI. Cinque sono gli aspetti valutativi, che in base all’OT di appartenenza hanno una diversa incidenza nella formulazione del voto finale, e su cui l’OA deve riferire:

    • Valutazione comportamentale: Gli atteggiamenti ed i comportamenti assunti dall’Arbitro nelle diverse circostanze rappresentano un’esplicita espressione del suo temperamento e della sua personalità. Sta all’abilità, all’intuizione, alla sensibilità dell’OA cogliere, da semplici sfumature, specie se ripetute, alcuni elementi (forse i più importanti) che servono a formare il giudizio complessivo del collega. Questo aspetto deve necessariamente (casi eccezionali di difformità vanno esposti adeguatamente) trovare una rispondenza, in positivo o in negativo, nel paragrafo PREVENZIONE E DISCIPLINA. Ciò deve risultare anche nell’attribuzione del voto: la differenza nelle valutazioni assegnate a questi due aspetti non deve in alcun caso superare l’unità (eventuali eccezioni, come già detto, devono essere ampiamente motivate).

    • Preparazione atletica e posizione sul terreno di gioco: I parametri da tenere presente sotto questo aspetto sono il grado di allenamento, lo spostamento in base alle necessità del giuoco, la capacità di recupero, il posizionamento; vanno tenute in considerazione sia le condizioni del terreno di giuoco sia quelle climatiche.

    • Conoscenza ed applicazione delle regole del gioco: Conoscenza delle Regole (tutte) e loro applicazione; interpretazione dello spirito della norma (qualità applicativa, anche in funzione di una certa conoscenza del giuoco del calcio): questi gli elementi su cui soffermare la propria attenzione.

    • Prevenzione e disciplina: La capacità d’intuizione, di “stringere” o “allentare” la pressione (o, in altre parole, garantire la “presenza”), di ottenere risultati con naturalezza o con delle forzature (difficoltà), la tempestività e la coerenza nell’assunzione dei provvedimenti disciplinari, l’efficacia degli stessi documentano l’abilità dell’arbitro nel mantenere la disciplina sul terreno di giuoco. Terminare una gara con il taccuino pieno di provvedimenti disciplinari assai di rado sarà indice di una buona prestazione arbitrale sotto l’aspetto disciplinare: infatti, anche quando ogni singola decisione potrà apparire incontestabile, (molto probabilmente) non sarà stata effettuata la dovuta prevenzione oppure alcuni interventi saranno stati intempestivi. È nel complesso, quindi, che non potrà risultare soddisfacente l’operato di specie dell’arbitro.Peraltro, è risaputo che un indiscriminato ricorso all’ammonizione comporta una forte svalutazione del potere dissuasivo della stessa, con grave perdita di efficacia del provvedimento. Con l’occasione, può essere proficuo richiamare alla memoria i tre indicatori di un perfetto controllo disciplinare.In tal senso, i requisiti basilari sono:

      • Tempismo = momento giusto nel reprimere l’infrazione

      • Congruità = sanzione proporzionata all’infrazione

      • Uniformità = infrazioni simili uguali sanzioni

Di particolare rilievo la correlazione con la Valutazione Comportamentale: raramente si avrà un’ottima prestazione dal punto di vista della disciplina in mancanza di un’altrettanto buona performance comportamentale.
 

    • Prestazione dell'arbitro:L’attitudine a adeguare gli interventi tecnici e disciplinari alle necessità della gara; quanto e come la prestazione arbitrale ha inciso sulla regolarità o meno della gara; come sono stati affrontati (ed eventualmente superati) i momenti difficili; se ha subito gli eventi negativi o è riuscito a dominarli senza, con poca o tanta difficoltà: questi sono gli elementi che danno il giusto “quadro” della prestazione dell’arbitro.

    • Considerazioni finali: La parte fondamentale della relazione è costituita senza dubbio dalle considerazioni finali, che devono rappresentare la “fotografia”, se non anche la “radiografia”, dell’arbitro e della sua prova.Il giudizio deve essere espresso con la massima attenzione e scrupolosità, evitando esposizioni prolisse e particolari irrilevanti, frasi generiche e metafore, ma cercando di evidenziare in termini concisi e coerenti la globalità della prestazione, sintetizzando pregi e difetti dell’arbitro, specificandone possibilmente (e qui emerge la bravura dell’OA come istruttore) le cause ed i possibili rimedi.Sono da evitare in modo assoluto contraddizioni e ripetitività con quanto in precedenza esposto sui singoli aspetti.Soffermarsi a considerare, in maniera prevalente, se il regolamento ha trovato lineare e corretta applicazione, se il collega è stato in grado di mantenere la disciplina ed il rispetto tra i calciatori, se ha incontrato difficoltà, se e come le ha superate.Vanno segnalati con particolare risalto quei difetti che possono, con opportuni accorgimenti, essere corretti: su ciò l’OA non deve farsi condizionare da episodi - anche eclatanti - isolati o sporadici, in particolare se frutto più di casualità che di vera e propria lacuna.Non dimenticare mai brevi cenni sulla personalità dell’arbitro, anche se è apparsa in modo embrionale o appena in formazione.L’OA tenga presente la necessità che il giudizio complessivo - che dovrà esprimere potenzialità e possibilità future dell’arbitro - trovi la sua concreta e coerente “traduzione” nel voto corrispondente. Il soddisfacimento di detta necessità, peraltro, considerato che i modelli di relazione recentemente ideati sono congegnati in modo tale che il voto costituisca la risultante delle singole valutazioni specifiche (comportamentale, disciplinare, tecnica, atletico – tattica), per ognuna delle quali l’OA è tenuto ad esprimere un punteggio di merito da 5 a 10 (per l’OTP da 5 a 9), spesso può risultare difficoltoso per diverse ragioni.

Si ritiene, quindi, al fine di fornire degli elementi generali di indirizzo per l’attribuzione delle singole valutazioni, di riportare qui appresso alcuni parametri importanti:

  • in assenza di negatività oggetto di rilievo - e quindi avendo apposto la crocetta sull’opzione positiva di ogni singola voce - il voto minimo da assegnare a ciascun aspetto è 9;

  • in presenza di un’apposizione di crocetta negativa è possibile attribuire 9 laddove si ritenga non di grande importanza la lacuna riscontrata, in riferimento alla categoria in cui viene visionato l’arbitro (è ovvio che taluni errori assumano maggior rilievo in un campionato di eccellenza che non di terza categoria, per esempio);

  • i voti estremi 5 e 10 possono essere assegnati in casi eccezionali e devono, comunque, essere sempre supportati da ampia e dettagliata motivazione: difatti, valutare la prestazione del collega da 10 anche sotto uno solo degli aspetti è possibile soltanto trovandosi in presenza di una prestazione eccellente in una gara che lo abbia sollecitato notevolmente (putacaso: gara ottimamente giocata dalle squadre, con numerosi episodi da poter giudicare, grandi interpretazioni dell’arbitro sul “vantaggio”, particolarmente perspicaci valutazioni di punibilità - o meno - del fuori giuoco e così via, consentono di assegnare 10 all’aspetto tecnico).

Di certo, in ogni caso, il voto non va “costruito” partendo dal dato finale: deve essere invece un esame, argomento per argomento, delle caratteristiche e dei limiti del soggetto esaminato: nondimeno, ciò non significa che l’OA non debba tenere nel dovuto conto anche il proprio giudizio globale (non prettamente aritmetico).
È senz’altro opportuno, infatti, dopo aver calcolato il voto complessivo da attribuire all’arbitro, confrontare la rispondenza di quest’ultimo con l’idea di massima fattasi durante ed al termine della gara, di modo che in presenza di una forte differenza si possa riesaminare la prestazione verificando e, se del caso, rivedendo più appropriatamente le singole valutazioni.

Il giudizio è essenziale che inquadri la prestazione arbitrale nel suo complesso e non sia influenzato, in modo determinante, da un singolo episodio che potrebbe aver inciso sul risultato della gara. Deve, pertanto, essere conseguenza logica di un’analisi di tutto ciò che si è attentamente guardato, capito e giudicato nell’immediatezza dell’accaduto, compresi quegli aspetti, in un primo momento, apparsi marginali e che, successivamente, acquistano particolare rilievo.

È necessario effettuare un’analisi della difficoltà della gara (che, pur non dovendo influenzare il voto da assegnare all’arbitro, deve essere riferita all’OT per delineare il contesto in cui ha operato il collega) e, in particolar modo, dell’incidenza della prestazione arbitrale sul grado di difficoltà stesso, sia in senso positivo sia in senso negativo (quest’aspetto, invece, influirà nel giudizio della prestazione arbitrale).

Il voto, poi, deve essere in armonia con i valori espressi dall’arbitro, a prescindere dalle prospettive future. Tra l’altro, pur dovendo l’OA esprimere il proprio parere circa le prospettive future del collega, rimane sostanzialmente un compito dell’OT, che ha un numero superiore di elementi di giudizio (non ultimi l’età anagrafica e l’anzianità di tessera, gli anni di permanenza nella categoria), definire le reali possibilità di “avanzamento” degli arbitri a propria disposizione.

Infine, nella valutazione di un giovane collega, ai suoi primi passi, occorre tenere presente gli elementi sopra esposti, nelle linee generali, mentre bisogna avere l’accortezza di riuscire ad individuare, in particolare, le qualità attitudinali e quelle caratteristiche personali che rendono il soggetto visionato più, o meno, idoneo alla pratica dell’arbitraggio.

In conclusione, si riepilogano le caratteristiche fondamentali delle Considerazioni Finali. Queste ultime devono necessariamente essere:

  • Chiare = Forma lineare e scorrevole, sostantivi semplici, termini tecnici adatti

  • Coerenti = Consigli e rilievi, eventuali osservazioni, crocettature

  • Complete = Influenza arbitro sulla gara, prospettive future, aspetti valutativi

  • Concise = Schematizzazione, stesura sintetica, solo elementi significativi

  • Corrette = Nessuno spazio ad eventuali polemiche insorte nel colloquio

 

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Fonte Sezione AIA MESSINA